Molte strutture sportive (associazioni, club) desiderano attuare misure adeguate a limitare la diffusione del virus e garantire la ripresa delle attività e degli eventi sportivi in completa sicurezza (allenamenti, tornei, incontri amichevoli, ecc.).
In questa prospettiva, mettono in discussione le condizioni in cui possono essere utilizzati i dati personali di atleti, allenatori, arbitri o supervisori, in particolare relativi alla salute: rilevamento sistematico della temperatura prima di accedere alle attrezzature sportive, organizzazione di test virologici. prima dell’organizzazione di un evento sportivo, comunicazione di un test virologico negativo in caso di assenza dell’atleta dall’allenamento, compilazione di un questionario sanitario specificamente dedicato ai rischi di esposizione a COVID-19, ecc.
Per rispondere a queste domande, la CNIL richiama i principi per la tutela della privacy e dei dati personali applicati alla pratica sportiva.
Nota: per le persone che esercitano un’attività retribuita all’interno di strutture sportive (ad esempio un allenatore), dovrebbe essere applicato il quadro applicabile alla raccolta di dati personali da parte dei datori di lavoro.
Cosa sono i dati sanitari?
Si tratta di dati relativi alla salute fisica (condizioni fisiche, patologie, anamnesi, ecc.) O mentale (disturbi cognitivi, psichiatrici, ecc.) Passata, presente o futura di una persona, e quindi rivelano informazioni sulla la sua salute. Questi dati includono anche l’erogazione di servizi sanitari (es: ricovero in un reparto specializzato di un ospedale come cardiologia, neurologia, ecc.).
Sono considerate anche le informazioni ottenute durante il test o l’esame di una parte del corpo o di una sostanza corporea (ad esempio analisi di biologia medica) o le informazioni relative a una malattia, uno stato fisiologico, ecc. dati sanitari.
A tal proposito, qualsiasi lettura della temperatura, qualsiasi risultato di un test virologico, qualsiasi certificato medico inviato a strutture sportive per valutare un rischio di esposizione a COVID-19, costituisce dato sanitario ai sensi del GDPR.
Una struttura sportiva può raccogliere dati sanitari per limitare la diffusione del virus?
Per la loro natura sensibile, i dati sanitari delle persone coinvolte in strutture sportive o durante eventi sportivi sono soggetti a una tutela giuridica molto specifica. Pertanto, il trattamento di questi dati, sia che si tratti di raccolta, registrazione, trasmissione, utilizzo di temperature o dei risultati di test virologici eseguiti, è in linea di principio vietato (art. 9.1 del RGPD e 6-1 della legge sulla protezione dei dati).
Nell’ambito del COVID-19, i dati sanitari possono, in via eccezionale, essere trattati da strutture sportive, se si trovano in particolare in una delle seguenti ipotesi:
Ipotesi n 1: le strutture sportive ottengono, prima della raccolta dei dati sanitari, il consenso degli interessati (atleti, allenatori, arbitri, ecc.).
In pratica, ottenere il consenso dagli interessati può essere difficile poiché, per essere valido, il consenso deve essere libero, specifico, inequivocabile e informato. Non deve generare un evidente squilibrio tra le persone interessate e le strutture sportive.Tuttavia, se il rifiuto di un atleta di fare un test virologico o di registrare la sua temperatura ha come conseguenza di proibirgli di praticare un’attività, partecipare a un torneo o accedere ad attrezzature ( es: palestra, stadio, dojo, piscina, ecc.) o, per un arbitro, per arbitrare una partita, la scelta non può essere considerata libera. Pertanto, il consenso non può essere considerato valido.
Ipotesi n 2: la raccolta dei dati sanitari è giustificata da motivi di rilevante interesse pubblico.
Le strutture sportive possono fare affidamento su questo presupposto non appena un testo specifico autorizza la raccolta dei dati sanitari delle persone interessate per l’attività sportiva, nell’ambito del COVID-19. Per fare ciò dovranno individuare le disposizioni del regolamento sportivo definito dal Ministero dello Sport e dagli enti sportivi (in particolare le federazioni) su cui fare affidamento per giustificare tale riscossione.
A meno che non si possa ottenere il consenso libero, specifico, inequivocabile e informato delle persone interessate (atleti, allenatori, arbitri, ecc.) O che regolamenti sportivi dedicati disciplinino la raccolta dei dati sanitari nell’ambito specifico del COVID-19, strutture sportive:
non può conservare registrazioni delle misurazioni della temperatura corporea;
non può decidere di eseguire test virologici prima dell’organizzazione di eventi sportivi;
non può richiedere all’atleta di produrre un certificato medico in caso di assenza dell’atleta dall’allenamento.
si pratica uno sport (es. Rispetto delle regole di allontanamento fisico conforme alla pratica sportiva interessata, lavaggio frequente delle mani con sapone e gel alcolico, gestione individuale della merenda e idratazione degli atleti che indossano maschere negli spogliatoi, ecc.). Queste misure sono descritte in dettaglio in varie guide scritte dal Ministero dello sport, tra cui il rientro alla guida sportiva che incorpora un protocollo sanitario per determinare le regole da seguire per quanto riguarda la gestione dei sospetti e dei casi positivi di COVID-19.
Le norme in materia di protezione dei dati personali si applicano al trattamento automatizzato (in particolare banche dati informatiche) e al trattamento non automatizzato (es: registro “cartaceo”) che consentono di costituire archivi. Inoltre, la sola verifica della temperatura per mezzo di un termometro manuale (come, ad esempio, del tipo a infrarossi senza contatto) all’ingresso di un’attrezzatura sportiva (es: palestra, stadio, dojo, piscina, ecc.), senza che alcun dato venga memorizzato, né venga eseguita alcuna altra operazione (come letture di queste temperature, feedback, ecc.), quindi non rientra nelle norme sulla protezione dei dati personale.
Nella sua guida dedicata all’inizio della stagione sportiva, concernente l’organizzazione di eventi sportivi, il Ministero dello Sport indica che “la misurazione della temperatura non è raccomandata dall’Alto Consiglio per la Salute Pubblica nel suo parere del 28 aprile, come controllo di accesso. Questa misura può, a discrezione dell’organizzatore, essere attuata se decide che è complementare e che ha i mezzi per attuarla in condizioni soddisfacenti”.
FONTE: AUTORITA’ PER LA PROTEZIONE DEI DATI DELLA FRANCIA