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AUTORITÀ DI CONTROLLO FRANCESE: Pubblicità online: la CNIL si prepara al cambiamento dei modelli di business

AUTORITÀ DI CONTROLLO FRANCESE: Pubblicità online: la CNIL si prepara al cambiamento dei modelli di business

Con l’annuncio della fine dei “cookie di terze parti” nel browser Chrome il prossimo anno, i modelli di business della pubblicità digitale sono in piena rivoluzione. In questo contesto, la CNIL ha commissionato uno studio economico sulle possibili conseguenze di questo sviluppo e ne presenta le principali conclusioni.

La pubblicità digitale sarà domani, ancor più di oggi, al centro del finanziamento dei media francese: secondo un recente studio commissionato da Arcom, la pubblicità digitale rappresenterà il 65% del mercato pubblicitario entro il 2030. Allo stesso tempo, questo mercato è interessato da importanti sconvolgimenti: implementazione del sistema ATT (App Tracking Transparency in inglese) in iOS, fine programmata dei cookie di terze parti in Chrome prevista per l’inizio del 2025, aumento dei modelli di “consent or pay”, ecc.

In questo contesto, quali saranno i modelli di business pubblicitario di domani? Che ruolo giocheranno i modelli alternativi rispetto alle soluzioni dominanti? Più in generale, quali sono i rischi che questi sviluppi comportano per la protezione dei dati?

Per rispondere a queste domande e cercare di anticiparne gli sviluppi, la CNIL ha chiesto a due ricercatori di Télécom Paris, Christelle Aubert-Hassouni e Patrick Waelbroeck, di realizzare uno studio economico e competitivo sui modelli pubblicitari digitali alternativi alle soluzioni dominanti.

Lo studio è stato condotto tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 sulla base di 25 interviste con inserzionisti, agenzie mediatiche, regolatori e specialisti nel settore della pubblicità digitale. L’obiettivo era essenzialmente comprendere meglio il mercato e le nuove soluzioni, valutare l’impatto sulla privacy dei nuovi modelli di business, ma anche fare luce sul possibile riequilibrio della catena del valore della pubblicità.

Due domande hanno motivato lo studio: i cambiamenti attuali consentiranno un migliore rispetto della privacy degli utenti di Internet? Lavoreranno a favore degli editori?

Ritorna al ruolo dei cookie di terze parti

La prima osservazione suggerisce di non sopravvalutare l’efficacia del modello pubblicitario mirato che utilizza cookie di terze parti (targeting, limitazione della frequenza di esposizione, misurazione dell’audience). Tuttavia, questo modello piace agli inserzionisti: l’assenza di cookie di terze parti, in certe architetture attuali, sembra comportare una perdita di valore delle aste e quindi una perdita di valore per gli editori, con i quali le grandi piattaforme digitali sono in una posizione forte per trasferire le variazioni di prezzo nel mercato a valle.

Lo studio rileva poi che l’entrata in applicazione del GDPR non ha comportato una riduzione del tracciamento pubblicitario degli utenti: i tassi di mancato consenso, quando richiesto, sono rimasti modesti almeno fino all’implementazione della soluzione ATT da parte di Apple nell’aprile 2021. Gli sconvolgimenti del settore sono piuttosto dovuti agli sviluppi guidati dagli stessi operatori privati, in particolare dalle grandi piattaforme (soluzione ATT o fine dei cookie di terze parti annunciata da Google).

Alcune recenti ricerche evidenziano che la cancellazione dei cookie di terze parti quando si utilizza il browser internet Chrome comporterà forti cambiamenti competitivi e organizzativi nel settore. Da questo punto di vista, l’insicurezza, spesso addotta, sarebbe più economica e dovuta al comportamento dei maggiori attori della catena, che giuridica dovuta ai regolatori.

Sette famiglie di soluzioni

Anticipando la rimozione dei cookie di terze parti, i ricercatori, dopo aver analizzato l’offerta disponibile, hanno individuato sette tipologie di soluzioni pubblicitarie: la “privacy sandbox”, che consente di targetizzare gli utenti per coorte e per interessi a partire dai dati di navigazione, è descritta per settore come soluzione essenziale di domani, e sei modelli “alternativi alle soluzioni dominanti” (Google/Meta).

Tre sono le alternative che utilizzano o generano altri tipi di dati:

  • identificatori di sostituzione (deterministici o probabilistici);
  • targeting contestuale (una vecchia tecnica basata in particolare su parole chiave e rafforzata utilizzando tecniche in particolare di elaborazione del linguaggio naturale); e
  • targeting per coorte, il cui scopo è creare segmenti di pubblico.

Tre sono le alternative basate su scelte architettoniche:

  • “media retail” che corrisponde all’insieme degli spazi pubblicitari offerti da un distributore (tradizionale o online);
  • ambienti tracciati da un account utente: questi due modelli si basano essenzialmente su dati proprietari o di “prima parte”; E
  • muri di controllo dei pedaggi, in realtà corrispondenti a modelli di business a pagamento per generare entrate aggiuntive.

Lo studio analizza questi modelli di business rispetto a diversi criteri: integrazione tecnica, accettabilità per l’utente di Internet, capacità di soddisfare le esigenze degli inserzionisti, merito in termini di tutela della privacy e sostenibilità economica lungo la catena del valore.

In definitiva, nessuna di queste soluzioni sarà sufficiente da sola a svolgere le stesse funzioni dei cookie di terze parti in termini di targeting, misurazione della frequenza di esposizione o audience.

Più precisamente si possono individuare due tendenze principali:

  • Gli sviluppi favoriranno i player che disporranno di una fonte significativa di dati proprietari come distributori o universi di modalità identificati (spesso descritti con il termine “giardini chiusi”), attualmente non sempre raccolti per scopi pubblicitari.
  • Per gli operatori di Internet aperti, che hanno meno accesso ai dati proprietari, sarà necessario implementare diverse soluzioni complementari per coprire l’intero inventario e le funzionalità, portando a complessità tecnica e una sfida di interoperabilità.

Nuovi player, modelli di business e dinamiche competitive

Un’altra osservazione dello studio è che questi sviluppi generano forti problemi competitivi, per tre ragioni secondo i ricercatori. Innanzitutto, le grandi piattaforme tendono a definire la protezione della privacy come il divieto di tracciare gli utenti di Internet al di fuori dei loro universi chiusi. In secondo luogo, alcuni di questi attori beneficiano di una forte integrazione verticale nella catena degli indirizzi pubblicitari. In terzo luogo, la moltiplicazione delle tipologie di terminali mette in discussione la loro interoperabilità, con la diversa capacità degli attori di rispondere a queste sfide.

In questo contesto, il mercato trae vantaggio dai nuovi operatori (come i fornitori di servizi Internet) e il valore sarà catturato domani da un numero maggiore di soluzioni rispetto a oggi, nessuna delle quali ha la risposta a tutto, nemmeno la privacy sandbox, il cui modello economico è ancora in gran parte indefinito (vedi studio PeREN). D’altro canto, il vantaggio competitivo andrà maggiormente alle architetture chiuse e ai media di vendita al dettaglio, che promettono di essere i grandi beneficiari degli attuali sviluppi.

Lo scenario favorito dai ricercatori non è “la fine dell’Internet aperta” e la chiusura dell’economia digitale attorno a pochi grandi attori che da soli avrebbero i dati necessari per vendere pubblicità digitale. Esiste infatti un rapporto di dipendenza reciproca tra i grandi attori e quelli dell’internet aperta: i primi hanno bisogno dei secondi in termini di creazione di contenuti. Ma al di fuori dei “giardini chiusi”, i vincoli di condivisione e riconciliazione dei dati saranno più impegnativi di ieri, senza che noi sappiamo oggi quale tipo di attore sarà richiesto domani per svolgere queste operazioni.

In questo contesto di crescente ruolo dei dati proprietari ma anche di complessità operativa, e quindi di maggiori costi, lo studio conclude che i grandi editori saranno in una posizione migliore rispetto a quelli piccoli, che dovranno essere attivi, mettere in comune i propri dati per raggiungere un massa in modo critico, attraverso la cooperazione o le fusioni, ed essendo vigili sui problemi di interoperabilità per fare investimenti saggi.

Resta quindi necessaria una stretta collaborazione tra la CNIL e l’Autorità garante della concorrenza per osservare gli sviluppi di questo mercato pubblicitario, identificare i rischi per la privacy e la concorrenza e attuare sinergie normative. Il loro approccio comune è stato inoltre pubblicato nel dicembre 2023 nella dichiarazione congiunta.

Un ruolo rinnovato dei dati

Sebbene l’introduzione della Privacy Sandbox sia stata presentata come un desiderio di migliorare la privacy, secondo i ricercatori gli sviluppi futuri non porteranno ad una riduzione significativa del tracciamento o ad un ruolo ridotto dei dati personali nel mercato pubblicitario.

Questo ruolo sarà, tuttavia, rinnovato attraverso l’utilizzo di nuove tipologie di dati (proprietari), nuovi canali per la condivisione di questi dati (per chi ne ha bisogno e per chi ha interesse a cederli) e nuovi metodi di sincronizzazione per trovare buoni dati performance in termini di attribuzione individuale.

Il principale punto di attenzione che la CNIL trae da questo studio è un fenomeno di apertura e riutilizzo dei dati di acquisto. Fino ad ora, i distributori non avevano alcun interesse a condividerli o a riutilizzare le storie di fedeltà dei clienti per scopi pubblicitari. La situazione sta cambiando con l’aumento dei media al dettaglio e altri attori finanziari potrebbero a loro volta commercializzare il targeting pubblicitario. La riconciliazione delle identità è una questione importante. La CNIL sarà particolarmente vigile per garantire il rispetto di questi sviluppi.

Inoltre, i ricercatori condividono un certo scetticismo nel settore riguardo alle cosiddette soluzioni “senza consenso”. Da un lato, soluzioni di tipo contestuale non sono necessariamente sinonimo di assenza di consenso, perché possono comportare il trattamento di dati personali, ad esempio per la misurazione dell’audience, anche se in quantità minori. D’altro canto non sono molto apprezzati dagli inserzionisti e probabilmente sono dominati da altre soluzioni sul mercato. L’alternativa più virtuosa in termini di protezione dei dati, richiederebbe però un notevole volontarismo da parte del regolatore europeo per poter rafforzare il proprio interesse per il settore.

Un mercato che non ha ancora individuato scelte chiare

Per concludere, le interviste realizzate dai ricercatori dipingono l’immagine di un settore in parte attendista, con l’emergere di molteplici soluzioni tecniche i cui rispettivi meriti non sono ancora stati testati dal naturale gioco del mercato. Alcune soluzioni sono ancora in fase di sperimentazione, altre più o meno conclusive, ed è probabile che evolvano. Questo stato di cose è stato ulteriormente rafforzato dal recente annuncio di Google di posticipare la fine dei cookie di terze parti in Chrome dal 1 luglio 2024 al 1 gennaio 2025.

Infine, non si possono ignorare i limiti metodologici dello studio: riguarda solo gli operatori francesi, fornisce una fotografia del mercato alla fine del 2023-inizio 2024 e non ha indagato sulle nuove tipologie di terminali (applicazioni mobili, Connected TV) che rendono le dinamiche economiche del mercato della pubblicità digitale in Francia oggi sono ancora più complesse.

Un approccio economico per ridurre l’incertezza

In conclusione, al termine di questa esplorazione prospettica focalizzata sui modelli di business della pubblicità online, emerge che le attuali incertezze sono generate almeno in pari misura dalle strategie economiche dei principali player digitali, che hanno una propria concezione della privacy e proprie value proposition in questo ambito, nonché attraverso gli sviluppi normativi.

La regola del consenso sembra quindi essere ben integrata dal mercato e adattabile a una varietà di soluzioni concorrenti. Per quanto riguarda gli utenti di Internet, la valutazione effettuata dalla CNIL del suo piano d’azione sui cookie tramite sondaggi ha mostrato che il tasso di rifiuto della pubblicità mirata sull’Internet francese si era stabilizzato a meno del 40% nel giugno 2022, e non ha rivelato alcun fenomeno particolare di “consenso” fatica”.

Questa constatazione di stabilizzazione normativa dovrebbe essere vista alla luce di sviluppi molto recenti che vanno nella direzione dello sviluppo di modelli di tipo “consenso o pagamento” sul mercato dei social media. Il settore si interroga sulla rilevanza di questo modello nel campo dei media e della stampa, ambito in cui si è già sviluppato, ad esempio, in Germania.

Questo studio sui modelli pubblicitari alternativi informa utilmente il pensiero della CNIL nella regolamentazione della pubblicità mirata e dimostra la sua volontà di dialogare con gli attori del mercato. Questo approccio dovrebbe consentire di produrre norme flessibili e strumenti di supporto sempre più adeguati.

https://www.cnil.fr/fr/publicite-en-ligne-la-cnil-se-prepare-aux-evolutions-des-modeles-daffaires

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